InnovativaMENTE

Abbiamo incontrato Renato Giacobbo Scavo, ceo di CrestOptics, azienda romana punto di riferimento a livello mondiale, per gli scienziati che operano nel settore della microscopia.

Chi è Renato Giacobbo Scavo?

Prima di diventare imprenditore, ho trascorso una parte importante della mia vita professionale presso Bain & Company, una società che mi ha permesso di osservare e lavorare a stretto contatto con i migliori imprenditori italiani. L’esperienza nella consulenza mi ha insegnato che le buone idee da sole raramente sono sufficienti per far nascere e crescere aziende solide. È necessario costruire un sistema organizzativo che funzioni bene e sia in grado di valorizzare le persone, il loro merito e le loro competenze. Successivamente, ho intrapreso diverse iniziative nel campo del digitale e dei dati, inclusa la mia prima start-up nel settore. Attratto dalla tecnologia, sono entrato in CrestOptics nel 2013 come socio accanto ai fondatori, diventando CEO nella fase di scale-up nel 2020. Questa esperienza è stata per me la più importante e completa perché mi ha permesso di unire la passione per la tecnologia e l’innovazione al desiderio di costruire una realtà di impatto sociale significativo sul territorio romano, al quale mi sento profondamente legato. Oggi guido un’azienda, di proprietà di investitori istituzionali e gestita da manager, che ricerca, sviluppa, produce internamente e distribuisce tecnologie che, migliorando le prestazioni dei microscopi in fluorescenza, arrivano nelle mani dei più importanti ricercatori nel settore delle scienze della vita in tutto il mondo. La stessa tecnologia viene anche integrata in sistemi più complessi nel settore farmaceutico e dello studio dei materiali.

CrestOptics impiega un numero significativo di giovani provenienti sia dalle scuole tecniche che dai nostri atenei. Mi hai anche raccontato di aver riportato a casa un ex cervello in fuga…

CrestOptics conta attualmente circa 60 dipendenti, da 10 nazionalità diverse, e con un’età media inferiore ai 35 anni. Uno dei settori più importanti è la ricerca di nuove tecnologie, in cui i nostri ingegneri, fisici e informatici collaborano con ricercatori esterni per individuare, sviluppare e testare nuove idee prima che queste entrino nella fase di design e sviluppo completa. Questo processo di innovazione può durare da un minimo di 24 mesi fino a 4-5 anni. Una volta che l’azienda è convinta del potenziale di mercato della nuova tecnologia, lo stesso team inizia l’ingegnerizzazione del prodotto, che richiede almeno 18 mesi per lo sviluppo dei prototipi. Una volta testati con i nostri migliori clienti, i prodotti entrano in produzione. Si tratta di un percorso lungo, costoso e rischioso, in cui la qualità e la dedizione del team sono fattori chiave di successo. Un altro settore importante è la produzione, in cui un gruppo proveniente dalle migliori scuole tecniche lavora per assemblare e testare i prodotti finiti. Il processo richiede una qualità e una complessità paragonabili a quelle dell’orologeria di altissima precisione. Nel processo produttivo sono coinvolte aziende esterne di meccanica ed elettronica che fanno parte del territorio romano, che vanta una grande esperienza nel settore della difesa e aerospaziale. Infine, lavoriamo con clienti in tutto il mondo (l’Italia rappresenta meno del 5% del nostro mercato di riferimento) grazie ad una struttura di vendita composta da esperti provenienti dal settore delle scienze della vita, spesso con importanti esperienze di ricerca, capaci di dialogare alla pari con i migliori scienziati del mondo. Abbiamo costruito un team di persone che in vari casi ha scelto di rientrare in Italia, provenienti non solo da altri paesi europei, ma anche dagli Stati Uniti e dall’Australia.

Il concetto di Made in Italy è raramente associato a quello di innovazione, anche se CrestOptics ne è la dimostrazione, poiché l’Italia riesce a competere con i colossi multinazionali anche nei settori ad alto contenuto tecnologico.

Credo che in Italia ci siano molte realtà in grado di essere innovative. Siamo un paese in cui la creatività abbonda e la qualità dei nostri tecnici è straordinaria e riconosciuta in tutto il mondo. Nel settore della microscopia, colossi giapponesi come Nikon e Olympus, o tedeschi come Leica e Zeiss, vantano più di 100 anni di storia. Per noi, queste grandi aziende sono clienti in alcuni casi e fornitori di tecnologie alternative con cui competere in altri casi. Rappresentano sicuramente un esempio da seguire e superare in termini di qualità e prestazioni dei prodotti. Tuttavia, nelle complesse aree in cui operiamo, le aziende italiane hanno dei punti di forza innati nella nostra cultura. Siamo molto creativi e capaci di essere più veloci nell’identificare e lanciare nuovi prodotti. Abbiamo una grande dedizione verso i nostri clienti, sia nella vendita che nelle fasi successive. Questi sono solo alcuni esempi delle leve con cui siamo molto competitivi rispetto ai nostri diretti concorrenti, nonostante la loro storia e le loro dimensioni.

Qual è tuo sogno/ambizione come imprenditore e manager?

Vorrei che CrestOptics diventasse una realtà riconosciuta a livello mondiale non solo per i suoi prodotti, ma soprattutto per la capacità di aiutare a 360° il mondo della ricerca scientifica a realizzare applicazioni uniche che portino risultati tangibili nel campo delle neuroscienze o della diagnostica tumorale. Vorrei anche che fossimo capaci di portare le nuove tecnologie nelle università e nei centri di ricerca che attualmente non possono permetterselo, al fine di consentire un accesso più “diffuso” a strumenti ormai essenziali per essere al passo con i tempi. Mi piacerebbe che l’Italia e, in particolare, il territorio romano continuassero a essere il cuore dell’innovazione e della produzione dell’azienda, diventando un punto di riferimento per i giovani ricercatori.

E adesso la mia domanda preferita: Renato, cos’è per te il Made in Italy?

Il Made in Italy è prima di tutto un marchio. Come tutti i marchi, oggi è riconosciuto per una serie di fattori che fanno la differenza, come ad esempio la bellezza, il saper vivere e la qualità, che rendono questo marchio imbattibile nei settori del cibo, della moda e della cultura. Sulla base di quanto abbiamo discusso in questa intervista, credo che in futuro il Made in Italy potrebbe includere anche altri fattori differenzianti che lo rendano un marchio forte anche in altri settori industriali. Ad esempio, laddove lo sviluppo tecnologico richiederà una grande capacità di adattamento rapido o dove la cura dei rapporti con i clienti rappresenta un fattore differenziante.

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